È in atto una vera e propria rivoluzione dell’informazione, che consente, in ogni ambito, di acquisire una vasta e sconfinata serie di dati in tempo reale. Per poi elaborarli, con sapienza, per ottenere un vantaggio competitivo sulla concorrenza e per ottimizzare i processi.
Non stiamo parlando di cartomanzia o di oroscopi. Con i cosiddetti “big data”, è davvero possibile predire il futuro, con un’elevata probabilità di successo. Niente trucchetti o specchi per le allodole, ma una vera e propria rivoluzione della statistica e delle scienze dell’informazione, che porta e porterà il marketing e la ricerca e sviluppo verso nuovi lidi ancora inesplorati.
Cosa sono i big data
Ma partiamo dall’inizio. Avrai sicuramente sentito parlare di big data, uno di quei termini che rischia di essere abusato: tutti ne chiacchierano, pochi ne capiscono. È naturale, quando i fenomeni che ne stanno alla base sono così complessi. Alla base del concetto, ci sono tre cambiamenti epocali nel trattamento delle informazioni:
- Dal campione all’universo. Nella statistica tradizionale, per l’impossibilità di trattare tutte le informazioni possibili, si selezionava un campione rappresentativo della popolazione. Per esempio, si intervistavano diecimila italiani sondando le loro intenzioni di voto, ottenendo un risultato statisticamente significativo sul totale probabile dei quaranta milioni di elettori. Oggi, grazie ai dati accumulati e conservati dai server, non si perde nessuna informazione: si è passati da una parte rappresentativa al “tutto”, al campione universo.
- Dall’ordine al disordine. Di nuovo, nella statistica i dati erano necessariamente ordinati, in quanto raccolti con metodo e rigore dall’intervistatore, in una forma tabellare. Oggi, i “big data” sono messy, disordinati, necessariamente variegati. Si raccoglie tutto, e il tutto è disordine. Ed è proprio questa la forza dei grandi dati, che non tralasciano nessuna informazione.
- Dal perché al cosa. Forse non lo sapevi, ma un tempo gli impiegati di Amazon inserivano a mano le raccomandazioni sui prodotti, interessandosi al “perché” delle cose: ti consiglio un romanzo di Edgar Allan Poe perché hai preso il DVD di Sherlock, quindi forse ti piace il genere giallo. Oggi, naturalmente, gli algoritmi sviluppati dai matematici di Amazon hanno superato abbondantemente l’intuizione umana, basandosi sul cosa. I dati parlano chiaro: chi acquista il DVD di Sherlock, in media acquista spesso anche il DVD di Breaking Bad. Non importa perché, importano i fatti.
Perché mi servono i big data
Perché gratuitamente forniscono informazioni indispensabili all’azienda. Sì, gratuitamente.
Torna, per esempio, ad Amazon. I big data conservati, che permettono di associare i diversi prodotti acquistati dagli utenti, non sono stati acquistati tramite indagini di mercato o database esterni. Sono semplicemente dati di acquisto, che servono primariamente ad Amazon per spedire la merce: Marco ha acquistato il DVD di Sherlock e quello di Breaking Bad – funzione primaria. I due prodotti sono associati – informazione aggiuntiva secondaria e gratuita.
Un altro esempio, Google. Le funzioni pubblicitarie di Google (la piattaforma AdWords), che fanno fatturare al colosso di Mountain View novanta miliardi di dollari l’anno, si basano su informazioni gratuite accumulate dal motore di ricerca. Gli utenti digitano delle parole chiave nella barra di ricerca di Google.it (es: “ristorante milano”) e il motore di ricerca restituisce dei risultati – funzione primaria, volta a soddisfare l’esigenza di ricerca degli utenti. Google, da questo momento, gratuitamente conosce che quella parola chiave è stata ricercata dall’utente e, di conseguenza, che quell’utente è interessato ai ristoranti di Milano in quel preciso momento. Su tutto questo, si basa l’attività pubblicitaria conseguente.
Ora non dico che la tua azienda debba fare come Amazon o Google, ma senza alcun dubbio l’ispirazione che puoi trarre da questi colossi può essere utilizzata per applicare azioni simili anche alla tua azienda. L’informazione primaria che devi necessariamente ottenere per fornire i tuoi prodotti o servizi, può servirti in diversi usi secondari aggiuntivi, a patto che tu sappia conservare ed elaborare i dati. Raccogliendo il “tutto”, il disordine, potrai lasciare che il “cosa” superi il “perché”.
Prendiamo un esempio meno “colossale”, i tombini di New York. L’azienda che si occupava della manutenzione iniziò a registrare rigorosamente gli interventi effettuati durante l’anno sui tombini esplosi, uniti ai dati sui tombini stessi (quanto vecchi, in che zona). Studiando questi big data, fu possibile elaborare un modello matematico che prevedeva in tempo reale con una buonissima probabilità quali tombini fossero in procinto di esplodere, risolvendo il problema alla radice ed evitando possibili danni a persone e cose. Una vera e propria predizione statistica del futuro, che definiamo “maintenance predittivo” (manutenzione basata su delle previsioni).
Marketing con i Big Data: dal maintenance predittivo al marketing predittivo
Chiaramente, il discorso si può estendere dalla manutenzione al marketing strategico. I big data possono aiutare anche e soprattutto ad aumentare il fatturato e i servizi offerti ai clienti.
Immagina per esempio un’azienda che produce macchinari industriali. Installando dei sensori nelle macchine, in linea di produzione, è possibile registrare diversi processi concreti, come il funzionamento dei diversi componenti. Questi dati possono essere accumulati, raccolti e organizzati in un cruscotto aggiornato in tempo reale. Anche in questo caso, le finalità manutentive possono essere diverse: prevedere la sostituzione di un pezzo o della macchina nella sua interezza.
Ed è qui che ci si può spingere a parlare di big data marketing: immaginando di aver trovato il modello matematico che prevede con una buona dose di certezza la sostituzione di un componente, si può ipotizzare l’invio di una e-mail automatica al cliente un mese prima del probabile malfunzionamento, prevedendo la vendita del pezzo di ricambio. Impostando questi flussi di comunicazione, si possono così automatizzare e pre-impostare una serie di processi potenzialmente redditizi per l’impresa.
Quindi, come si fa big data marketing?
La rivoluzione dell’informazione passa per diverse competenze specifiche, necessarie per impostare il meccanismo:
- La competenza strategica, propria dell’azienda, consapevole dei propri flussi di lavoro.
- L’installazione di sensori e altre modalità di rilevamento dati, nel caso si tratti di prodotti; o quella di script di tracciamento, nel caso si tratti di programmi e applicazioni.
- La competenza nel trattamento dati, sia dal punto di vista tecnico (dove accumularli), che da quello grafico (cruscotto) e matematico (analisi delle informazioni raccolte).
- La competenza marketing, che consente di passare dall’analisi dei dati alle azioni operative, con l’implementazione di automatismi e lead nurturing.
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A presto,
Giorgio Nicoli
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